Il governo italiano del primo ministro Giorgia Meloni ha approvato un decreto volto a garantire la coerenza strategica nella spesa di tutti i fondi UE ricevuti dall’Italia, mentre gli economisti temono il suo potenziale impatto.
Le sfide dell’Italia nell’utilizzare i fondi europei in modo efficace hanno attirato una notevole attenzione sia da parte degli osservatori della spesa pubblica che dei media.
Quest’ultimo decreto introduce misure innovative, tra cui un sistema di premi per le regioni che dimostrano l’allineamento con gli obiettivi. Ad esempio, dovrebbero essere garantiti il coordinamento e la complementarità tra i fondi per la ripresa dell’UE, i fondi strutturali dell’UE e i fondi di coesione dell’UE per evitare sovrapposizioni.
“[T]”Il quadro non è molto migliorato per quanto riguarda l’efficienza della spesa”, ha detto il ministro italiano per gli Affari europei Raffaele Fito dopo che il suo gabinetto ha approvato la riforma martedì, riferendosi agli ultimi rapporti dell’UE sui fondi di coesione.
In particolare, dal 2021 al 2027, “impegni e costi sono quasi a zero, quindi l’obiettivo è rimettere in moto 43 miliardi di euro di risorse europee”, ha spiegato Fito.
Secondo il ministro “c’era il rischio che i fondi entrassero in conflitto tra loro” e questa riforma costituisce il “pezzo finale” per “utilizzare meglio questi strumenti”.
Questa riforma è in linea con il dibattito sul futuro della politica di coesione a livello europeo, che è particolarmente rilevante per l’Italia, uno dei principali destinatari dei fondi. Secondo quanto riferito, l’Italia ha speso meno dell’1% dei 43 miliardi di euro di risorse del finanziamento di coesione per il programma 2020-2027.
La riforma introduce incentivi affinché le regioni si attengano al piano.
Marco Leonardi, professore di economia all’Università di Milano, ha però criticato la scelta di Fito, dicendo che “ha capito bene una cosa e due sbagliate”.
“Ha fatto bene una cosa, perché era giusto rivedere le politiche di coesione vista la scarsa spesa dell’Italia”, ma “ha sbagliato due cose, perché le ha corrette accentrando tutte le competenze, dopo aver fatto arrabbiare tutte le regioni e i ministeri con i loro PNR (Piano Nazionale di Rilancio)” ha spiegato Leonardi.
“Alla fine ha fatto incazzare tutti”, ha aggiunto Leonardi, ex responsabile della pianificazione economica della presidenza del Consiglio.
Centralizzando tutto, “potrebbe aver fatto qualcosa che potrebbe violare le norme europee”, ha continuato il professore di economia, spiegando che l’accordo di partenariato è tra le regioni e l’Europa, mentre “il governo ha un coinvolgimento minimo”.
“Ora che è intervenuto, i fondi di consolidamento dovrebbero essere integrati nel PNR e, avendo lui la competenza esclusiva sul PNR, potrebbe volere la competenza esclusiva anche sui fondi di consolidamento”, ha aggiunto Leonardi.
(Alessia Peretti | Euractiv.it)