Recensione La Chimera – Josh O’Connor abbaglia in un’affascinante storia di tombaroli italiani | Film drammatici

Recensione La Chimera – Josh O’Connor abbaglia in un’affascinante storia di tombaroli italiani |  Film drammatici

WAdesso il cappello di Josh O’Connor è in testa. Chiunque non riesca a comprendere la sua vasta gamma dovrebbe concedersi un doppio conto dai suoi film attuali: vederlo pericolosamente guidato e intensamente attraente in pantaloncini da tennis in… Unitoper poi proseguire con il meraviglioso film in lingua italiana di Alice Rohrwacher Nessuna chimerae la performance disordinata e ferita di O’Connor è tra le sue migliori fino ad oggi.

Nei panni di Arthur, un anticonformista archeologo britannico in Toscana negli anni ’80, O’Connor interpreta il personaggio di un uomo alla deriva e disconnesso dal mondo. Nel suo spettrale abito bianco sporco, con la biancheria sporca del colore di un sudario rimosso di recente, Arthur sembra un angelo caduto da un dipinto di Caravaggio. Il leader de facto, grazie al suo misterioso talento nel conoscere l’ubicazione di tombe a lungo sigillate, una combriccola e famigerata banda di ladri di tombe, o Tombaroli, Arthur abita con riluttanza nel presente ma è costantemente attratto dal passato: dal lontano passato, dalla bellezza degli antichi manufatti che vende ai collezionisti, dal recente passato e da un momento sfuggente di felicità con il suo amore perduto Benjamin (Yel-Yara Vianello). Vale la pena notare che il personaggio è stato originariamente scritto come un uomo sulla quarantina o sulla cinquantina, non sui trent’anni di O’Connor, ma la qualità dell’anima vecchia, rugosa e meditabonda della performance di O’Connor funziona così bene che è difficile immaginare qualcuno. Un altro a sua volta. In definitiva, l’età, come il tempo stesso, non è un concetto semplice Nessuna chimera.

Josh O’Connor con la sua banda a La Chimera. Fotografia: Tempesta/AD Vitam/AMCA Films/RAI

Il tempo gioca brutti scherzi nei film di Rohrwacher. Non è solo che il confine tra passato e presente è permeabile, ma lo è ancora di più nel modo in cui concepisci la struttura del tempo, non come un tradizionale viaggio lineare, ma come strati coesistenti che hanno la tendenza a fondersi l’uno nell’altro. Questo era vero per il suo ultimo film, il racconto magico e realista Felice come Lazzaro, con l’innocente che porta sempre il suo nome che vaga attraverso decenni in pochi istanti. Questo concetto di strati temporali paralleli è intessuto di ciò che è eccezionale e ingannevole Nessuna chimera, di gran lunga il suo film più riuscito e sicuro fino ad oggi. Come le sue funzionalità precedenti, che includono anche Sfera E Meraviglieche segue una famiglia di apicoltori nell’Italia rurale, Nessuna chimera Nata dalla sua educazione un po’ bohémien, vicina alla natura nella regione Toscana, ricca di monumenti (con un apicoltore per padre).

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C’è qualcosa nella qualità folcloristica dei film di Rohrwacher, nel loro abbraccio di una sorta di magia terrena, che porta le persone a chiamarli fiabe. Ma questo potrebbe essere fuorviante. Nessuna chimera Non è un film fantasy di evasione, è un film pieno di grinta, spine e avidità. Terza parte di una trilogia sull’identità italiana, il film mostra un paese in cui la storia si afferma, ma ha un rapporto trascurato con il suo patrimonio e il suo paesaggio. È l’Italia che costruisce una centrale elettrica più o meno sopra un luogo di sepoltura etrusco; Un paese in rovina e saccheggiato dove i tesori inestimabili valgono qualunque cosa possano trovare al mercato nero.

Isabella Rossellini nel ruolo della “Cool Mother” ne La Chimera. Fotografia: Tempesta/AD Vitam/AMCA Films/RAI

La storia in sé è tortuosa e sfuggente, sfuggente quanto l’illusione del titolo del film. Arthur torna in Toscana dopo che è stato accennato, ma non menzionato esplicitamente, per un periodo in prigione. Si riconnette con la formidabile madre di Benjamin, Flora (Isabella Rossellini), in una villa fatiscente che sembra tenuta insieme dalla forza della personalità di Flora e poco altro. Lì incontra Italia (Carol Duarte), studentessa di canto di Flora e autorità cinofila generale. C’è una scintilla tra loro, meravigliosamente sviluppata dalle lezioni silenziose dell’Italia sui gesti delle mani italiane. Nel frattempo, Arthur e i suoi Tombaroli – gli allegri burloni con faccine e sogghigni alla Pasolini – si guadagnano da vivere illecitamente, finché Arthur non si ribella al desiderio distruttivo di possedere tesori che non sono mai stati destinati “agli occhi umani”, come gli dice Italia.

La ricchezza del film deriva dalla ricchezza apparentemente inesauribile di idee di Rohrwacher: la qualità tattile che risulta dall’immersione in diversi supporti di pellicola (la direttrice della fotografia Hélène Louvare gira in 35 mm, Super 16 mm e 16 mm); I colpi veloci che alleviano la rabbia di Arthur nei confronti dei suoi amici; Usa un menestrello errante per raccontare parti della storia. La qualità fuori dal comune e improvvisata di parte della musica – c’è anche una banda del villaggio, che suona inni carnevaleschi grezzi su strumenti in ottone – contrasta sorprendentemente con un abbagliante montaggio di saccheggi di tombe ambientato sul classico elettro-pop di Spacelab dei Kraftwerk. È un’audace miscela di antico passato archeologico e futuro tecnologico in una sequenza estesa ed emozionante e inaspettata.

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Questo tira e molla di forze opposte è uno dei temi principali Nessuna chimera. La religione si scontra con il paganesimo, nel celebrare l’Epifania si trasforma in un travestito ubriaco. La purezza dell’arte contro la contaminazione del commercio. La vita contro la morte. E il personaggio di Arthur è il principale campo di battaglia del film: è diviso tra il suo amore perduto (i fili sciolti del vestito di maglia che indossa nei suoi ricordi sembrano legare insieme il mondo dei morti e dei vivi) e le possibilità di una nuova vita. Amore.

By Graziella Fazio

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