L’Arte Povera (che significa “arte povera” in italiano) è stato un pionieristico movimento artistico concettuale dall’Italia che si è esteso dalla fine degli anni ’60 agli anni ’70. Gli artisti hanno deliberatamente lavorato con materiali artistici “poveri” non convenzionali tra cui terra, stracci, caffè, pietre, legno e bastoncini. Hanno scelto di lavorare con questi materiali “privi di valore” economici o di derivazione naturale per interrompere la crescente commercializzazione del mondo dell’arte contemporanea da parte di movimenti artistici come l’espressionismo astratto e il minimalismo. Alcuni degli artisti di rilievo associati all’Arte Povera includono Jannis Kounellis, Mario Merz, Alighiero Boetti, Pino Pascali, Giovanni Anselmo, Guiseppe Penone e Michelangelo Pistoletto. Guardiamo in modo più dettagliato alla storia del movimento artistico e ai suoi principi centrali.
Il termine arte povera è stato coniato da Germano Cellante
Il critico d’arte e curatore italiano Germano Celante ha coniato per primo il termine Arte Povera per descrivere le sue osservazioni su una tendenza al rialzo tra gli artisti che lavorano in tutta Italia, che hanno deliberatamente scelto di lavorare con una gamma di materiali sorprendenti e non convenzionali, spesso per fare una dichiarazione politica sulla crescente monetizzazione dell’arte e sulla crescente instabilità economica nelle città italiane. Celant ha rafforzato la sua argomentazione con una serie di mostre curatoriali e testi teorici che hanno assicurato la fondazione del movimento, tra cui la mostra storica Arte Povera im Spazio (Spazio delle Idee) Alla Galleria La Bertesca di Genova.
Descrivendo i materiali con cui gli artisti hanno lavorato in uno dei testi della mostra, Celant scrive: “Gli artisti hanno iniziato a lavorare con animali, deserti, cera, gomma, ghiaccio, zolfo, vetro e neve – elementi instabili ma vitali che incarnano idee e concetti”.
Artisti sparsi in tutta Italia
Gli artisti che Celant associava all’Arte Povera provenivano da tutta Italia, ma soprattutto dai centri urbani di Torino, Milano, Genova e Roma, regioni duramente colpite dalla crescente povertà. Molti artisti hanno scelto di lavorare con materiali poco costosi a causa dei propri vincoli finanziari, ma il loro lavoro può anche essere letto come una deliberata reazione contro le pretese del mondo dell’arte contemporanea, che sta diventando sempre più distaccato dalla vita della gente comune.
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L’Arte Povera ha assunto molte forme
Le mostre curate da Celant erano molto diverse e mostravano un’ampia varietà di artisti che lavoravano concettualmente in modi deliberatamente anti-establishment, utilizzando materiali grezzi, grezzi e viscerali. Hanno riunito il materiale in modi sorprendenti e inaspettati, creando performance e teatro, street art, collage e assemblage art. Janis Konellis ha creato installazioni grezze utilizzando carbone, caffè e tela di sacco che coinvolgono deliberatamente i sensi umani, mentre Mario Merz ha lavorato con pennello, cera d’api, ardesia e pietra per creare oggetti scultorei sorprendenti.
Molti artisti dell’Arte Povera hanno anche cercato modi per riconnettersi con la natura attraverso materiali trovati e materiali organici, contrastando la crescente tendenza minimalista dei media industriali simili a macchine con un aspetto pulito e raffinato. Invece, hanno fatto qualcosa di non intenzionale, sporco e tangibile. Gli artisti hanno visto questa connessione con la natura come un modo per ricollegare l’arte con gli elementi del mito, della narrazione e della memoria che un tempo erano aspetti spirituali essenziali della nostra società prima che l’industria prendesse piede.
Il movimento è stato ampiamente influente
L’Arte Povera era un movimento artistico molto influente che ebbe una forte influenza sulla prossima generazione di artisti. La land art, nota anche come land art, nasce dallo stesso desiderio di riconnettersi con la natura e i materiali organici esistenti, come nel caso dell’arte ambientale. Sulla scia dell’Arte Povera è nato anche il movimento artistico internazionale Fluxus, basato sullo stesso uso sperimentale e non convenzionale di materiali tratti dalla vita quotidiana, che possono essere trasformati in bizzarri oggetti ed esperienze mitologiche. In particolare, l’artista tedesco Fluxus Josef Beuys ha mostrato la sua grande ammirazione per il precedente movimento italiano attraverso gran parte del suo lavoro, che ha esplorato materiali tra cui feltri di cera, roccia e legno, e li ha investiti di esotiche proprietà mitologiche e rigenerative.